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Perché il Mosè di Michelangelo ha le corna? Come fa la Cupola di Brunelleschi a stare in piedi? Molti quadri, sculture e opere architettoniche famose nascondono dei dettagli che sfuggono a un primo sguardo. Una frase o delle lettere all’interno di una tela, un dettaglio insolito su una statua… Oggi vi sveliamo alcuni di questi segreti. Buon ascolto!
Leonardo da Vinci: la cena dei misteri
Nicht erst seit Dan Browns Sakrileg wird über die Symbolik von Da Vincis berühmtem Wandgemälde Abendmahl wild spekuliert: Johannes ist Maria Magdalena, der Anlass eine Hochzeitsfeier … und das Messer?
Il Cenacolo, o l’Ultima Cena, uno dei più celebri affreschi di Leonardo, è tra le opere d’arte che hanno suscitato più interrogativi nell’ultimo decennio. L’attenzione del pubblico è stata risvegliata in particolare dallo straordinario successo del romanzo Il codice Da Vinci, di Dan Brown. Al centro della curiosità di tanti c’è la figura di San Giovanni, seduto alla destra di Gesù. I sostenitori di una versione “alternativa” della vita di Gesù, ispirata ai Vangeli apocrifi, hanno voluto vedere nei tratti femminei e nel capo languidamente reclinato dell’apostolo una donna, Maria Maddalena per la precisione, che una lunga tradizione parallela dice essere stata la compagna di Cristo. Tra l’altro, Gesù e Giovanni-Maria Maddalena indossano vestiti di colori simili e simmetrici, blu e rosso, invertiti. E se quella raffigurata da Leonardo fosse stata una cena nuziale, di presentazione agli apostoli della propria compagna, Maria Maddalena appunto? Assai misteriosa ed enigmatica è stata giudicata anche la presenza di una mano che impugna un coltello, fra Pietro, Giuda e Giovanni. Non sarebbe, infatti, del tutto chiaro a chi la mano appartiene, né appare naturale la posizione del braccio. Quale può essere il senso di questo particolare? È sufficiente rifarsi all’iconografia tradizionale per spiegare la femminilità di San Giovanni e la mano con il coltello? È davvero casuale la mano di Pietro appoggiata sul collo del personaggio di Giovanni-Maria Maddalena, oppure la si può intendere, unitamente al coltello, come una velata minaccia? Qualcuno lo ha ipotizzato. E qual è il senso delle mani alzate e dell’espressione che ha sul volto il personaggio a sinistra della mano con il coltello, identificato con Andrea? Per ciascun enigma sono stati scritti fiumi di parole, a sostegno dell’una o dell’altra tesi. Ai lettori lanciamo la sfida e lasciamo il piacere di indagare più a fondo.
Michelangelo: una statua quasi viva
Michelangelos Moses ist von unglaublicher Ausdrucksstärke – aber erblickt der Betrachter tatsächlich zwei kleine Hörner auf seinem Kopf? Und was versteckt sich mitten in seinem Gesicht?
Il bellissimo e celeberrimo, Mosè di Michelangelo è da secoli un esempio di solennità ed espressività marmorea. Conservato nella basilica di San Pietro in Vincoli, a Roma, ogni anno è visitato da migliaia di turisti che vengono ad ammirare la sua perfezione. Eppure, a guardarlo bene, ha qualcosa di strano: sopra il suo capo campeggiano due protuberanze che non si riesce immediatamente a integrare nell’armonia della scultura. Come mai sulla testa di Mosè ci sono due piccole, ma inconfondibili... corna? La figura dell’Antico Testamento assume un’ambiguità inquietante. In realtà, la storia dell’arte ci consegna scolpito nel marmo un errore di lettura delle Sacre Scritture. Probabilmente Michelangelo seguì una traduzione errata del libro dell’Esodo, nel quale si legge che Mosè scese dal Sinai avendo su di sé “i raggi del sole”. Tuttavia la parola di tre lettere QRN, che indicava appunto i raggi solari, era interpretata nel Quattrocento come QUEREN, “corna”, anziché come QARAN, “raggi”. Il Mosè ferino ha questa origine. Ma la possente figura, alta 2 metri e 35 centimetri, oltre a questo “errore di traduzione” custodirebbe altri elementi ambigui. Michelangelo avrebbe infatti scolpito fra la foltissima barba – che a Vasari pareva “opera di pennello” più che di scalpello – il volto di papa Giulio II, al quale è dedicato il complesso funerario in cui il Mosè è collocato: alcuni dicono che il volto si trovi sotto il labbro inferiore, altri sulla guancia destra. Agli osservatori l’ardua sentenza: certo è che la morbidezza e le volute della barba del Mosè appaiono di fattezza talmente realistica e straordinaria da invogliare a leggervi significati nascosti.
Filippo Brunelleschi: una tecnica segreta
Brunelleschis phänomenaler Ingenieursgeist bescherte uns die bis heute größte gemauerte Domkuppel. Wie ihm dies im Detail gelang, mit welch ausgeklügelter Mauertechnik und ohne die üblichen Gerüste und Hilfsmittel, ist bis heute ein Rätsel.
La Cupola di Santa Maria del Fiore, che svetta sulla città di Firenze dal 1436, è la più grande cupola in muratura mai realizzata al mondo. La diagonale maggiore della cupola interna misura 45 metri, quella esterna 54; per un peso di 25.000 tonnellate. Costruita da Filippo Brunelleschi, è tanto ampia quanto morbida e leggera. Il segreto di tanta grandezza e grazia è stato custodito gelosamente e mai rivelato per secoli. Secondo quanto tramandato dalla storia e dalla tradizione, Brunelleschi aveva subito molte critiche e attacchi perché coltivava l’ambizione di costruire una cupola grandissima. Tanto maggiore fu allora la tenacia con cui progettò e innalzò il suo capolavoro. Riuscito nella splendida e ardita impresa senza utilizzare le tecniche tradizionali, non rivelò mai come aveva fatto. Non furono usati sostegni esterni, ma impalcature autoportanti e camminamenti fra i diversi strati murari della cupola. Il segreto più interessante riguarda, tuttavia, la disposizione dei mattoni. Si è scoperto che Brunelleschi, nello strato visibile della cupola, posò i mattoni non a “a spina di pesce”, come aveva fatto all’interno. Si dice che in questo modo volesse sviare chiunque avesse voluto provare a ripetere la sua impresa. Gli studi dell’architetto Massimo Ricci, presentati nel 2011 ed effettuati introducendo una sonda in una delle vele della cupola, hanno dimostrato che Brunelleschi cercò volutamente di mettere “sulla falsa strada” gli studiosi circa i principi di costruzione della cupola. Ricci afferma inoltre di non avere mai visto mattoni così “perfetti” per taglio e cottura. Forse anche questo ha contribuito alla riuscita di un’opera parsa impossibile ai contemporanei e che Brunelleschi perseguì totalmente, lottando ogni giorno per convincere tutti, dai superiori agli operai, della sua fattibilità.
Arte: i furti del secolo
Trotz der hohen Hürden sind Kunstdiebe oft erfolgreich. Manch erbeutete Werke bleiben verschollen, andere werden wiedergefunden. Zum Beispiel – gut sichtbar – an der Wand einer Anwaltskanzlei.
Restano coperti dal mistero più fitto, introvabili nonostante le indagini e le investigazioni, molti dipinti del patrimonio italiano. Da oltre 40 anni, per esempio, la tela della Natività con San Lorenzo e San Francesco di Caravaggio è tra le opere che le forze dell’ordine cercano per terra e per mare. Fu trafugata nella notte fra il 17 e il 18 ottobre del 1969 dall’altare maggiore dell’oratorio di San Lorenzo a Palermo e da allora è scomparsa. Si torna a parlarne di tanto in tanto, spesso in relazione ad avvenimenti sinistri della recente storia d’Italia. Destò particolare sconcerto, a Roma, il furto del celebre e veneratissimo Bambinello dell’Ara Coeli. Secondo la leggenda, era stato scolpito nel legno di un olivo del Getsemani e ogni anno, il giorno della Befana, benediceva tutti i romani. Scomparve il 1° febbraio 1994 e la sua teca è ancora vuota. Donna con ventaglio di Modigliani venne rubato all’alba del 20 maggio 2010 da una persona che era entrata da una finestra nel Museo di Arte moderna di Parigi, dove l’allarme era fuori uso da due mesi. Fortunatamente, non tutti i furti sono riusciti e alcune tele sottratte sono state ritrovate: a partire dalla Gioconda, rubata nel 1911 per motivi patriottici dall’imbianchino Vincenzo Peruggia e rintracciata due anni dopo a Firenze. Nel febbraio 1975 due dipinti di Piero della Francesca, La Madonna di Senigallia e la Flagellazione di Cristo, vennero rubati a Urbino e ritrovati l’anno seguente a Locarno. Pare, infatti, che la Svizzera sia un crocevia importantissimo per i furti d’arte. Il 27 agosto 2003 venne trafugata anche la Madonna dei fusi di Leonardo: i ladri si erano uniti a un gruppo di visitatori del castello di Drumlanrig, in Scozia, nel quale era custodita. Il dipinto, del valore di 35 milioni di dollari e annoverato tra i 10 più ricercati al mondo, fu ritrovato nel 2007 nel locali di un ufficio legale a Glasgow: era appeso in una stanza in bella vista, come se niente fosse.
Leonardo da Vinci: l'affresco nascosto
Ein seit Langem verloren geglaubtes Fresko von Leonardo da Vinci scheint nun in Florenz wiederentdeckt worden zu sein. Und wieder einmal erweist sich Vasari als Schutzherr der italienischen Kunst.
La vicenda della Battaglia di Anghiari parte, come in un giallo, da un indizio. A Firenze, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, campeggia da secoli un grande affresco di Giorgio Vasari raffigurante la Battaglia di Marciano. Cavalli, armi, soldati a perdita d’occhio: l’immagine è così grande (13 metri x 8), ricca e movimentata che nessuno aveva mai dato il giusto peso a uno stendardo in alto, poco visibile, confuso fra le masse, che reca la scritta cerca trova. Maurizio Seracini, un ingegnere della national geografic society, studioso di Leonardo, giudicandolo un elemento intrigante, aveva invece ipotizzato che quel particolare non fosse casuale, ma che fosse, anzi, un consapevole indizio lasciato dal Vasari. All’inizio del Cinquecento Pier Soderini aveva infatti incaricato Leonardo da Vinci di rappresentare a Palazzo Vecchio la Battaglia di Anghiari, che si era svolta nel 1440 e aveva visto i fiorentini vittoriosi su Milano. L’artista pare avesse realizzato l’affresco, ma la tecnica usata non aveva dato i risultati sperati. Alla metà del Cinquecento, allora, quando il salone fu ampliato, fu affidato a Vasari l’incarico di affrescarlo nuovamente. Si credeva che la Battaglia di Anghiari fosse stata distrutta per lasciare spazio all’opera di Vasari. La scritta sullo stendardo, quasi nascosta e sibillina, ha suggerito a Seracini che poteva non essere andata così. Avuti finalmente i finanziamenti e i permessi necessari, con l’ausilio di nuove tecniche sofisticatissime è stato possibile inserire una sonda sotto alcune parti del dipinto di Vasari ormai senza colore: l’indagine ha rivelato l’esistenza, sotto l’affresco, di un’intercapedine di circa 10-15 millimetri. I successivi prelievi hanno rilevato, inoltre, un pigmento nero, sulla parete sottostante, simile a quello usato nella Gioconda e hanno individuato una pittura beige certamente applicata con il pennello. È assai probabile, dunque, che la pittura di Vasari abbia in tutti questi secoli “protetto” quella di Leonardo da Vinci. I lavori e le indagini sono ancora in corso, ma il Leonardo che si credeva distrutto sembra vicino a una nuova rinascita.
Giuseppe Sanmartino: il segreto del velo
Im Inneren der Sansevero-Kapelle in Neapel findet sich eine unfassbar lebensechte Christusstatue. Wie konnte der Bildhauer Giuseppe Sanmartino es zu solch unglaublicher Meisterschaft bringen?
Un mistero “avvolge” – nel senso letterale del termine – la statua del Cristo velato conservata nella cappella Sansevero di Napoli. Lo straordinario “velo” marmoreo intorno alla salma del Cristo è opera di pura tecnica scultorea, oppure è il frutto di strani processi alchemici? L’opera è straordinaria. Da un unico blocco, Giuseppe Sanmartino è riuscito a far emergere il corpo di Cristo ancora sofferente e palpitante, coperto da un velo di straordinaria leggerezza, che pare tela trasparente e invece è di marmo. La resa è così fuori dal comune da aver lasciato increduli molti: com’è possibile che sia stato creato dal marmo un velo così sottile e aderente al corpo e al volto del Cristo? Secondo la tradizione, Giuseppe Sanmartino avrebbe utilizzato un particolare processo alchemico capace di “rendere marmo” un telo reale. La leggenda è stata alimentata anche dall’alone di mistero che circondava il proprietario della cappella, il principe Raimondo di Sangro. Massone, esoterista e alchimista, fu lui a commissionare la scultura. Si dice che avesse cercato di creare il fuoco che “brucia eternamente”, che avesse escogitato sistemi per impermeabilizzare i mantelli dei Borbone e che, grazie alle sue conoscenze alchemiche, fosse un esperto nella “pietrificazione”. Per quanto la ‘trasformazione in pietra” di un oggetto di altro materiale non abbia fondamento scientifico, è stato ritrovato un contratto, stipulato fra il principe e lo scultore, in cui il principe si impegna a fornire una sindone trasformata da lui stesso in uno “strato minuzioso” di marmo, da poggiare poi sul volto del Cristo scolpito. Lo scultore l’avrebbe in seguito levigata per farla aderire perfettamente alla statua. Una studiosa, Clara Miccichelli, pare abbia rintracciato addirittura la ricetta alchemica della “pietrificazione” della tela. A rendere l’ipotesi ancor più seducente è la presenza di altre due statue, all’interno della cappella, che recano simili straordinari drappeggi – La Pudicizia velata e Il Disinganno –, la prima con il corpo rivestito da un velo, la seconda da una rete, entrambi prodotti con una tecnica stupefacente. Fra le varie ipotesi e le suggestioni, rimane viva l’eccezionalità della scultura del Cristo velato, che Antonio Canova tentò di acquistare e di cui avrebbe voluto essere autore.