Non è certo l’operaWerkopera di un genio del design, ma dal 1948 a oggi, per noi italiani, è un oggetto di culto, anzivielmehr, ja, sogaranzi di lo straculto (neolog.)Super-Kultstraculto. È la la scheda elettoraleStimmzettelscheda elettorale, simbolo per eccellenzapar excellenceper eccellenza di democrazia e, soprattutto, di pluralismo. Sì, perché da noi il pluralismo è una cosa seria. Plurale non è semplicemente “più di uno”, ma molto di più, almeno una decina/ventinaetwa zehn/zwanziguna decina, ma anche una decina/ventinaetwa zehn/zwanziguna ventina. Questo spiega l’esageratoübertriebenesagerato numero di il partitoParteipartiti e il movimentoBewegungmovimenti che si presentano alle le elezioni pl.Wahlenelezioni e, di conseguenza, trovano posto sulla scheda elettorale. Nel 2013, gli elettori della la circoscrizioneWahlkreiscircoscrizione Campania si sono ritrovati sulla scheda ben 26 partiti! Ma sì, la politica è un’arte e anche recarsisich begebenrecarsi alle urne diventa un gesto artistico che trova espressione in quel mondo coloratissimo, pieno di simboli e figure che è la nostra scheda elettorale, un esempio straordinario di Pop art. Un’l’opera d’arteKunstwerkopera d’arte a cui noi il cittadinoBürgercittadini, ogni cinque anni (più o meno), diamo il nostro personale il contributoBeitragcontributo, abbellireverzieren, schmückenabbellendola democraticamente con una croce sul simbolo di un partito. In passato c’è chi è andare oltreüber etw. hinausgehenandato oltre e una fare/mettere una croce su qc.etw. abhaken/zu Grabe tragencroce sopra l’ha fatta direttamente sulla politica, inserendo nella scheda una la fettaScheibefetta di prosciutto e un messaggio: “Ecco, mangiatevi pure questa!” Dadaismo puro!
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